La pianificazione territoriale in Piemonte come strumento di mitigazione del rischio idrogeologico
La mitigazione dei rischi geologici avviene attraverso la messa in opera di efficaci misure di pianificazione, programmazione e progettazione degli interventi sul territorio.
Occorre distinguere fin da subito due principali tipi di interventi che possono essere effettuati: misure strutturali e misure non strutturali. Le prime riguardano la realizzazione di opere strutturali, quali argini, difese spondali, casse di laminazione etc. previste dalla pianificazione di bacino del F. Po o dalla pianificazione locale; le seconde si configurano in azioni quali le ricollocazioni di edifici esistenti, misure di protezione civile, la stesura e l’attuazione del Piano per l’Assetto Idrogeologico (P.A.I.) nel settore urbanistico e del Piano di Gestione Rischio d’Alluvione (P.G.R.A., in attuazione della Direttiva 2007/60/CE, e recepita in Italia con D.Lgs. 49/2010).
In particolare, il Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico del bacino del Fiume Po (P.A.I.), approvato nel 2001, obbliga i comuni ad effettuare, attraverso la revisione dei propri strumenti urbanistici (Piani Regolatori Comunali o Intercomunali P.R.G.C.), la verifica delle effettive situazioni di dissesto e di rischio idraulico ed idrogeologico presenti sul proprio territorio rispetto a quelle individuate dal P.A.I. medesimo.
La revisione del quadro del dissesto riportato in uno strumento urbanistico già adeguato al P.A.I. è utile anche quando il quadro del dissesto stesso posa venire modificato da un eventuale futuro evento dissestivo.
Più nel dettaglio, il P.A.I. individua i dissesti lungo i versanti connessi a frane, conoidi o valanghe, lungo i corsi d’acqua secondari, riprende e integra le fasce fluviali del Piano Stralcio delle Fasce Fluviali (PSFF del 1998) lungo i corsi d’acqua principali, individua e perimetra le Aree a Rischio Molto Elevato (R.M.E.) (Legge 267/1998) suddividendole in Zone in base alla probabilità di coinvolgimento del fenomeno o dei fenomeni di instabilità o di inondazione, al fine poter pianificare strumenti per la protezione dei centri abitati o di infrastrutture a rischio.
Ad esempio la delimitazione delle fasce fluviali permette la difesa del rischio idraulico: nell’intorno dell’alveo fluviale, a partire dall’alveo verso l’esterno vengono quindi individuate le fasce: fascia di piena (A), costituita dalla porzione di alveo che è sede prevalente del deflusso della corrente per la piena di riferimento (alveo di piena), ovvero dall’insieme delle forma fluviali riattivabili durante gli stati di piena; fascia di inondazione (B), esterna alla precedente, costituita dalla porzione di alveo interessata da inondazione per una piena di riferimento (TR=200 anni) e, infine, l’area di inondazione per piena catastrofica (C), costituita dalla porzione di territorio interessata da inondazione per una piena superiore a quella di riferimento (TR=500 anni).
In riferimento alle fasce fluviali, l’insieme degli indirizzi, delle norme e dei vincoli ha lo scopo di: riservare la fascia A al deflusso della piena e alla dinamica evolutiva dell’alveo; riservare la fascia B alle aree di espansione naturale per la laminazione della piena; segnalare con la fascia C le condizioni di rischio residuale.
Per quanto riguarda il quadro dei dissesti cartografato nel P.A.I., in fase di redazione dei P.R.G.C. comunali occorrerà verificare con specifiche indagini geologiche di dettaglio la compatibilità del quadro dissestivo contenuto nei piani regolatori con il quadro dissestivo del P.A.I..
A seguito dell’approvazione e della prima redazione del P.A.I. sono stati effettuati successivi aggiornamenti approvati con leggi regionali 3 e 17 del 2013, che hanno notevolmente modificato la legge urbanistica L.R. 56/77, con l’introduzione delle conferenze di copianificazione e valutazione. Le deliberazioni e le circolari che regolavano il processo di adeguamento al P.A.I. sono state tutte sostituite dalla D.G.R. 64-7417 del 7 aprile 2014. In particolare la D.G.R. fornisce tutte le specifiche tecniche per la redazione degli elaborati cartografici di aggiornamento ai dissesti P.A.I..
Attraverso il Piano stralcio per l’assetto idrogeologico vengono quindi “pianificate e programmate le azioni e le norme d’uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo e la diretta utilizzazione delle acque, sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato.” (art.17, legge 183/89).
Oltre al P.A.I., il Piano di Gestione Rischio d’Alluvione (P.G.R.A.) viene istituito con lo scopo per la valutazione e la gestione dei rischi di alluvione per la riduzione di tutte le possibili conseguenze: a tale scopo vengono redatte delle mappe della pericolosità e mappe del rischio di alluvioni in cui siano riportate le potenziali conseguenze negative associate ai vari scenari di alluvione. Tali mappe di pericolosità perimetrano aree che potrebbero essere interessate da alluvioni secondo tre scenari: alluvioni rare: L; alluvioni poco frequenti: M e alluvioni frequenti: H. le mappe del rischio individuano aree a rischio: R1: rischio moderato; R2: rischio medio; R3: rischio elevato e R4: rischio molto elevato.
Tra i due tipi di interventi strutturali e non si collocano le cosiddette misure win win ovvero riguardanti quegli interventi finalizzati a garantire la riduzione del rischio idrogeologico e il miglioramento dello stato ecologico dei corsi d’acqua a tutela degli ecosistemi e della biodiversità, in accordo anche a quanto previsto dal Piano di gestione delle acque (P.d.G.Po), attuativo della Direttiva 2000/60/CE, e quelli fissati dal Piano di Gestione delle Alluvioni (P.G.R.A.), attuativo della Direttiva 20007/60/CE. Riguardano quindi tutti quegli interventi con la finalità di assicurare maggiore spazio ai fiumi, ad esempio attuando i Programmi di Gestione dei Sedimenti (P.G.S.). Tra le finalità del P.G.S. si ricorda ad esempio quella di: preservare i processi naturali per riavviare il fiume a forme meno vincolate e di maggior equilibrio dinamico e valore ecologico; ripristinare i processi di erosione, trasporto solido e deposizione dei sedimenti attraverso la dismissione o l’adeguamento delle opere in alveo non più efficaci etc.